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Politica giovedì 27 luglio 2017 ore 11:50

Italia Sociale, i dubbi della senatrice Gatti

La senatrice di Mdp Maria Grazia Gatti

La senatrice pisana di Mdp Maria Grazia Gatti critica l'istituzione, Federico Gelli deputato e presidente del Cesvot per il momento non si esprime



ROMA — L'approvazione definitiva della legge delega sulla riforma del terzo settore, che punta a ordinare un settore dove in Italia operano 300mila organizzazioni, associazioni, cooperative, onlus e fondazioni e dove lavorano un milione di persone e ci sono cinque milioni di volontari, porterà con sè anche l'arrivo della Fondazione Italia Sociale.

Se da un lato la legge delega punta infatti ad aprire il settore al mercato e anche a fare chiarezza in un panorama spesso disordinato dove si mescolano attività sportive, ong, assistenza sociale e associazioni culturali, solo per fare alcuni esempi, dall'altra uno degli strumenti scelti dal Governo, la realizzazione di una fondazione, dal nome Italia Sociale, per “la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi caratterizzati dalla produzione di beni e servizi senza scopo di lucro” e “idonei a conseguire con un elevato impatto sociale e occupazionale”, ha suscitato più di una perplessità.

La fondazione si finanzierà con donazioni e campagne di crowdfunding, nel rispetto del “principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati”, ma in fase di avvio riceverà dallo Stato una dotazione iniziale di 1 milione di euro. Il patrimonio “può essere incrementato da apporti dello Stato, di soggetti pubblici e privati, e le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate da contributi di enti pubblici e di privati”. 

La polemica si è rinfocolata con l'arrivo dell'estate. L'idea di una sorta di "Iri del sociale" è stata infatti voluta fortemente da un consulente finanziario legato a Renzi, Vincenzo Manes, che ne sarà il presidente, suscitando le ire del Movimento Cinque Stelle ma sollevando anche i dubbi della senatrice pisana di Mdp Maria Grazia Gatti che già alcune settimane fa si era espressa sulla vicenda:“La Fondazione, che nasce per sostenere attività innovative sul piano sociale, dovrebbe impiegare in prevalenza risorse private, mentre ora la FIS, oltre ad un finanziamento iniziale di 1 milione da parte dello Stato, potrebbe ricevere ulteriori finanziamenti pubblici senza che a questo si accompagnino norme di disciplina circa le condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari, né norme che garantiscano ai lavoratori coinvolti condizioni economiche e normative nel rispetto della legge e dei relativi contratti nazionali di lavoro – sottolinea Gatti – Non vengono neppure previste né verifiche dell’attività svolta e delle finalità perseguite dagli Enti del Terzo settore sovvenzionati né controlli sul rispetto delle tutele dei lavoratori”.

“La Fondazione dovrebbe essere poi no profit, ma nello Statuto si prefigurano operazioni bancarie, finanziarie, mobiliari e immobiliari senza porre limiti, condizioni e presupposti per attività che sono fondamentalmente speculative – rileva ancora la Senatrice – Inoltre si può deliberare la partecipazione alla Fondazione anche a consorzi e società (anche a società di capitali) e tutto questo sembra completamente fuori dai pur lievi vincoli posti dalla delega istitutiva”.

Una discussione destinata a svilupparsi di nuovo, alla quale però, almeno per il momento non vuole prendere parte un altro deputato pisano, Federico Gelli, ( Pd, renziano ), tra i promotori della legge sul terzo settore e presidente regionale del Cesvot, (centro servizi volontariato toscana) che,da noi interpellato, ha preferito non commentare.

Qualche numero infine per capire meglio: i lavoratori dipendenti nel settore sono 681mila, 270mila quelli esterni. In totale gli addetti sono circa un milione. Ma il settore conta anche sul contributo di 4,7 milioni di volontari. 

Più di un quarto dei lavoratori retribuiti sono infermieri, ostetriche, educatori, assistenti sociali, mediatori culturali, seguiti da operatori socio-sanitari, assistenti domiciliari, operatori di ludoteca. Un settore che ha anche un peso economico nell'economia nazionale con 64 miliardi di entrate in poco più di dieci anni.


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