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Attualità sabato 03 settembre 2016 ore 09:40

"Non chiamateci eroi"

Lettera aperta di Ruggero, un vigile del fuoco di Pisa: "Non facciamo imprese gloriose, facciamo il nostro dovere"



PISA — Il terremoto del 24 agosto ha distrutto tre paesi, ma scosso l'Italia intera. Tantissime le iniziative di beneficenza che sono state organizzate nei Comuni dell'area Pisana (Pisa, Calci, Cascina, San Giuliano, Vecchiano e Vicopisano hanno aperto un conto corrente congiunto per raccogliere le donazioni), ma tanti anche i volontari e i vigili del fuoco che sono partiti alla volta di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto per portare il loro sostegno ai terremotati prendendo parte attiva nella ricerca di persone sotto le macerie.

Eroi. Viene spontaneo pensarlo, così come dirlo e scriverlo. Ma "Eroe è un termine che non ci appartiene" scrive Ruggero, un vigile del fuoco di Pisa.

Questo il contenuto della sua lettera aperta:

"In ogni evento calamitoso, terremoto o alluvione, la cittadinzanza tutta esprime parole di profondo riconoscimento per l'opera dei vigili del fuoco definendoci eroi. Eroe è un termine che non ci appartiene, non facciamo imprese gloriose, facciamo il nostro dovere, quello per cui siamo pagati e lo facciamo con lo stesso spirito con cui ogni giorno affrontiamo gli ordinari interventi di soccorso. Estrarre una persona dalle macerie non è poi meno rischioso che trovarsi in un incendio e vedersi esplodere in faccia una nube di gas, oppure lavorare un'ora per estrarre dalle lamiere di una macchina una persona in un incidente con coinvolto un autotreno carico di sotanze pericolose, o calarsi con un elicottero o soccorrere una persona nel mare in tempesta, in un fiume in piena o in montagna, nei crepacci più profondi. Chiamateci professionisti, professionisti del soccorso che si formano e si addestrano quotidianamente per fare questo lavoro che ognuno di noi ama profondamente. Ogni nostra azione è calcolata nell'accettare il rischio che l'intervento presenta. Siamo persone come le altre, non siamo pezzi di ghiaccio, viviamo il soccorso e ne subiamo le conseguenze in special modo dal punto di vista emotivo. Non c'è collega che non porti dentro di sé almeno un intervento che lo abbia emotivamente destabilizzato. Chi ci chiama eroi non si deve dimenticare che noi siamo la pubblica amministrazione, siamo quel pubblico impiego che tanto viene additato e spesso a ragion veduta. Forse, noi siamo quel ramo della pubblica amministrazione che è meno malato di altri, quel ramo nel quale i soldi delle tasse non vengono mal spesi e nel quale i dipendenti rispondono, a chi paga loro lo stipendio, con professionalità e delle volte rischiando la propria vita".


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